Le umili patate contro l'industria della moda
La start-up inglese Fibe ha prodotto il primo filo al mondo contenente fibre di patata, alimentando le speranze per un futuro più sostenibile
In ordine di importanza, le patate sono il terzo alimento di base coltivato al mondo, eppure creano non pochi grattacapi agli agricoltori: il problema è che solo la parte che cresce sotto terra (il tubero) è commestibile e viene quindi raccolta.
La pianta vera e propria, invece, contiene una sostanza tossica, la solanina, e quindi non può essere utilizzata per sfamare il bestiame; di conseguenza, essa viene solitamente ridotta in polvere o incenerita prima del raccolto, creando circa 150 milioni di tonnellate di biomassa di scarto all’anno.
Un altro settore notoriamente afflitto da sprechi è quello della moda, con vestiti economici che vengono acquistati in grandi quantità e presto buttati, senza considerare la dipendenza dai combustibili fossili per la fabbricazione di tessuti sintetici o l’enorme consumo di terreno, acqua e spesso pesticidi per la coltivazione del cotone.
Ma, a parte questo, giustamente mi direte: che c’entrano le patate con la moda? Beh, una start-up inglese sembra avere la risposta, visto che ha scommesso tutto sulla sostenibilità, con la produzione di filato ricavato dal materiale di scarto del raccolto dei nostri amati tuberi.
Da progetto universitario a start-up
Tutto cominciò qualche anno fa, quando a un promettente gruppo di studenti in ingegneria del design presso l’Imperial College London fu assegnato il compito di sviluppare un modello di business sostenibile ed essi ebbero l’idea di usare scarti vegetali in alternativa al cotone.
Intendiamoci, nessuno vuole demonizzare il cotone: si tratta di un ottimo materiale naturale, è traspirante e resistente; il problema nasce piuttosto dal modo in cui viene prodotto: come accennato, le piantagioni possono richiedere enormi quantitativi di risorse, mentre in caso di coltivazione non organica è la quantità di composti chimici necessari a minarne la sostenibilità.
Il gruppo di cui sopra, al termine della fase di ricerca, decise di concentrarsi sulle patate come alternativa: d’altronde, sono coltivate in tutto il mondo, sono ricche di fibre e, come detto, nessuno avrebbe sentito la mancanza degli scarti del raccolto, anzi.
Il progetto ebbe talmente tanto successo che dopo la laurea uno degli studenti, Idan Gal-Shohet, pensò di creare un’azienda per metterlo in pratica: nel 2022 nacque così la Fibe, co-fondata assieme ad altri membri del gruppo originario.
Un filato sostenibile da record
Ad aprile di quest’anno la Fibe ha prodotto il primo filo al mondo contenente fibre di patata o, più precisamente, un misto cotone (75%) e fibre di patata (25%).
Al momento, infatti, pare che l’azienda non sia ancora in grado di produrre abbastanza fibre per realizzare un filato che usi al 100% patate; inoltre, la miscela aiuta a ridurre i costi e ad assicurare che il prodotto finale passi i controlli di qualità, essendo il cotone un “cliente conosciuto”.
Ma entriamo un po’ più nel dettaglio del processo produttivo: nonostante la Fibe si mantenga sul vago in merito, Gal-Shohet dichiara che l’azienda ha sviluppato un nuovo processo biologico per estrarre le fibre dal fusto delle patate, basato sul controllo della fase di biodegradazione.
Una volta estratte, le fibre grezze vengono pulite e valutate, per produrre infine delle soffici balle simili a quelle di cotone, non solo come aspetto, ma anche in quanto a qualità.
È però l’aspetto della sostenibilità quello sulla carta più impressionante: le fibre di patate non richiedono terreno agricolo aggiuntivo, sfruttando quello già impiegato nella coltivazione delle patate, e ciò implica anche, secondo uno studio interno effettuato dall’azienda, che il consumo di acqua sia inferiore del 99,7% rispetto a quello per il cotone, così come le emissioni di anidride carbonica si attestano intorno all’82% in meno.
Tra l’altro, pare che il processo biologico possa essere impiegato per estrarre fibre anche da altre piante, tanto che i ricercatori della Fibe stanno già facendo esperimenti con piselli e canapa.
Incognite e speranze
Non sorprende, quindi, che ad oggi l’azienda abbia già ricevuto un ammontare di finanziamenti e investimenti pari a circa due milioni di sterline e possa vantare investitori importanti come la Tin Shed Ventures, parte del brand Patagonia.
Ovviamente, però, non sono tutte rose e fiori: innanzitutto, come detto, la Fibe non ha ancora prodotto del filo contenente solo fibre di patata e in ogni caso nemmeno quello misto è stato ancora messo sul mercato, nonostante Gal-Shohet abbia dichiarato che l’azienda sta lavorando sull’incremento della percentuale delle nuove fibre e pare che sia già a buon punto una trattativa con una nota azienda del settore per commercializzare il loro prodotto a partire dal 2026.
Inoltre, nell’ambiente permane un certo scetticismo sulla qualità delle fibre di patata rispetto a quelle di cotone, in particolare per parametri chiave quali lunghezza, finezza e robustezza.
Last, but not least, c’è da considerare il fattore economico: sicuramente le nuove fibre saranno almeno inizialmente più costose rispetto al cotone, vista la produzione su scala molto più ridotta, mentre sarebbe importante avere prezzi competitivi per attirare ordini sostanziosi da parte di marchi famosi.
Insomma, le incognite sono numerose, ma così anche le speranze in un futuro in cui la gigantesca industria della moda possa finalmente diventare più sostenibile, magari proprio grazie alle umili patate.