Di materia oscura e galassie a forma di banana
Il solito JWST conferma l'esistenza di antiche galassie dalla forma inspiegabile se si usano simulazioni basate sul modello Lambda cold dark matter
Dal punto di vista astronomico, gli anni 90 del secolo scorso avevano un fulgido attore protagonista: il telescopio spaziale Hubble. Con esso gli astronomi dell’epoca si cimentarono, tra l’altro, nell’impresa di confermare la teoria dominante in base alla quale le galassie “muovono i primi passi” sotto forma di noiosi dischi piuttosto simmetrici, prima di evolvere in splendide spirali come la nostra Via Lattea.
Ma Hubble non si dimostrò molto collaborativo e iniziò a mostrare galassie primordiali dalla forma allungata (tecnicamente dette prolate). Molti ricercatori diedero la colpa ai limiti del telescopio, che secondo loro stava osservando solo quelle più luminose, magari in realtà galassie a disco viste lateralmente, perdendosi invece quelle a disco orientate frontalmente rispetto alla Terra.
Avanti veloce fino all’anno scorso, cioè ad un’epoca in cui il povero Hubble è relegato al ruolo di personaggio secondario in favore del potente JWST: con la sua sensibilità superiore, esso sarebbe sicuramente riuscito a scovare fioche galassie primordiali a disco orientate verso di noi.
Beh, invece pare proprio di no e al contrario continuano a spuntare vecchie galassie, risalenti a un periodo compreso tra 8 e 13 miliardi di anni fa, dalla forma allungata o, come definite in maniera colorita dagli astronomi odierni, a forma di banana.
Lente gravitazionale e materia oscura
Viraj Pandya, ricercatore presso la Columbia University in New York, assieme ad alcuni colleghi ha provato a trovare una spiegazione semplice al mistero, rivolgendosi al ben noto effetto chiamato lente gravitazionale: eventuali galassie presenti tra noi e quelle antiche potrebbero con la loro gravità distorcere la luce proveniente da queste ultime, facendole sembrare più allungate.
Purtroppo da calcoli effettuati emerge che tale effetto non sarebbe sufficiente a spiegare quanto osservato da JWST e quindi non resta che cercare una soluzione altrove.
Ecco quindi che si ricorre alla distorcente potenza gravitazionale della materia oscura, quella misteriosa “sostanza” che batte 5 (quasi 5 e mezzo, in realtà) a 1 la materia normale (o barionica) in quanto a presenza nell’Universo e che risulta invisibile ai nostri telescopi, dato che non interagisce elettromagneticamente né con se stessa, né con quella barionica.
Esaminando varie foto dello stesso spicchio di cielo scattate dal potente telescopio spaziale, Pandya & co. scoprono infatti che le galassie contenute sono statisticamente orientate nella stessa direzione, possibile segno della presenza di materia oscura che provvede ad allinearle con la sua gravità.
Il problema è che ad oggi non risulta che esistano grandi ammassi di galassie, contenenti a loro volta grandi quantità di materia oscura, in quelle regioni di cielo; a questo punto, ai ricercatori sembra necessario abbandonare i sentieri astronomici più battuti e puntare su qualcosa di più esotico.
Dark matter web e modello cosmologico standard
Benvenute/i nel dark matter web, una vasta rete di filamenti di materia oscura primordiale che connette varie regioni “a grumi”, rappresentati da galassie che, a mo’ di piccoli bulbi di luce, tracciano questa gigantesca struttura invisibile.
E quelle galassie a forma di banana? Potrebbero essere proprio le lampadine di cui sopra, violentemente distorte dalla materia oscura, ma sono necessari calcoli delle distanze da tali galassie più accurati per confermarlo.
Intanto, arriviamo alla parte più suggestiva: i suddetti filamenti potrebbero essere formati da una forma esotica della già misteriosa materia oscura. Sì, perché in base al modello cosmologico standard (Lambda cold dark matter), essa sarebbe costituita da particelle fredde e quindi lente, ma questo non esaurisce di certo le possibilità.
Teorie alternative, infatti, propongono almeno altre due forme di materia oscura:
tiepida (warm dark matter) e quindi dal movimento più veloce;
a onda (wave dark matter), dove le particelle sono “spalmate” attraverso lo spazio, come increspature su un lago.
Simulazioni sorprendenti, ma limitate
Ora un altro gruppo di ricercatori, guidati da Álvaro Pozo Larrocha dell’Università dei Paesi Baschi, ha effettuato una serie di simulazioni dell’universo primordiale basate su questi tre modelli di materia oscura e ne ha descritto i sorprendenti risultati in uno studio concomitante (che ha anche il dubbio merito di aver accostato galassie e banane).
Pare infatti che il modello dominante di materia oscura fredda riesca a produrre galassie prolate solo molto prima nella storia universale rispetto a quelle trovate dal gruppo di Pandya; gli altri due, bistrattati modelli non hanno invece alcuna difficoltà ad ottenerle nelle forme e nei tempi cosmici giusti.
È il caso, quindi, di rivedere il modello cosmologico standard? Calma, calma: come si sa, una rondine non fa primavera. Innanzitutto, il campione di galassie esaminate da JWST è piuttosto ridotto e quindi saranno necessarie ulteriori osservazioni per confermare i risultati suddetti.
Inoltre, le simulazioni di Pozo Larrocha e colleghi, pur essendo decisamente convincenti per periodi relativamente vicini ai primordi, al momento non girano e quindi non sono in grado di riprodurre ciò che vediamo nell’universo in tempi più recenti.
Ciò non toglie che si tratti di ricerche molto interessanti che, se confermate, potrebbero aiutarci a comprendere meglio non solo di cosa è fatta l’elusiva materia oscura, ma anche, attraverso la mappatura delle proprietà di base (quali numero, lunghezza e spessore) dei filamenti del dark matter web, a raffinare i nostri modelli cosmologici.