Quando le piante conoscono la meccanica quantistica meglio di noi
Un nuovo studio mostra come, per effettuare la fotosintesi, le piante usino dei "trucchi" quantistici che ancora non comprendiamo
Cos’hanno in comune un gruppo di scienziati che raffreddano atomi in laboratorio fino quasi allo zero assoluto e una pianta che assorbe la luce del sole per creare nuove foglie?
Niente, mi direte, e fino ad oggi avreste avuto ragione. Ma ora uno studio proveniente dall’Università di Chicago mette in forte discussione la validità di questa risposta.
Di seguito andremo ad analizzare la scoperta che connette due fenomeni apparentemente così diversi, ma non prima di aver presentato i due “attori protagonisti”: il condensato di Bose-Einstein e la fotosintesi clorofilliana.
Il condensato di Bose-Einstein e la fotosintesi clorofilliana
La condensazione di Bose-Einstein è un processo in cui un particolare tipo di particelle, dette bosoni, finiscono per ritrovarsi tutte in uno stato (quantistico, dato che parliamo di particelle) di minima energia.
A quel punto, tutte queste particelle iniziano ad agire all’unisono, come se fossero una cosa sola, e tutti i movimenti all’interno del condensato avvengono senza attrito, quindi senza dispersione di energia.
Suona familiare? Infatti, ciò rappresenta la base per i superfluidi, di cui ho scritto in un precedente articolo, che richiedono temperature prossime allo zero assoluto.
Altrettanto familiare dovrebbe risultare la fotosintesi clorofilliana, cioè il processo col quale le piante (e altri organismi), grazie alla luce, trasformano anidride carbonica e acqua in zuccheri e ossigeno.
Ciò che succede “dietro le quinte” è che la luce colpisce una molecola presente nella foglia, detta clorofilla, provocando l’espulsione di un elettrone.
A quel punto, l’elettrone e il “buco” creato dalla sua espulsione, una coppia nota come eccitone, possono viaggiare nella foglia, trasportando l’energia della luce in un’area dove essa viene utilizzata per produrre zuccheri e ossigeno.
I risultati della ricerca e le applicazioni future
Come riporta ScienceDaily, il Prof. David Mazziotti dell’Università di Chicago e le sue colleghe Anna Schouten e LeeAnn Sager-Smith stavano simulando al computer il movimento di un gruppo di eccitoni, quando hanno notato qualcosa di strano.
Le dinamiche, infatti, sembravano straordinariamente simili a quelle dei bosoni in un condensato di Bose-Einstein, ma ciò dovrebbe essere impossibile, in quanto la fotosintesi avviene a temperature decisamente più elevate, e per di più in un sistema ben più disordinato di quello attentamente ricreato in laboratorio per il condensato.
A onor del vero, l’effetto è soltanto parziale, simile alla formazione di “isole” di condensato. Nonostante questo, comunque, il trasferimento di energia nel sistema ne risulta quasi raddoppiato in efficienza.
La scoperta, quindi, potrebbe rivelarsi estremamente importante per la creazione di materiali sintetici da utilizzare per tecnologie future, che potrebbero funzionare molto più efficientemente e a temperatura ambiente.
Basti pensare, infatti, che uno stato della materia simile, cioè quello dei superconduttori, è alla base del funzionamento dei macchinari per la risonanza magnetica.