Radiazioni e astronauti si abbinano meglio con l'aggiunta di un po' d'acqua
A partire da una Discovery activity finanziata dall'ESA, ricercatori belgi sperimentano con successo l'utilizzo di polimeri superassorbenti come scudo anti-radiazioni
Lo spazio non è certamente il luogo ideale per gli esseri viventi: dall’interno del sistema solare, la nostra stella scaglia rapidi e potenti flussi di particelle ad alta energia durante i suoi brillamenti, mentre dall’esterno esplosioni di stelle massicce in supernove generano radiazioni cosmiche altrettanto pericolose.
Per nostra fortuna, l’atmosfera e il campo magnetico della Terra ci proteggono dalla maggior parte di tali fattori di rischio per la salute, ma se nel prossimo futuro puntiamo davvero a diventare una specie in grado di superare i confini del nostro pianeta, allora il problema delle radiazioni va in qualche modo affrontato.
Sì perché secondo i nostri calcoli un solo giorno al dì fuori dei suddetti scudi protettivi sottopone gli astronauti a una dose equivalente a circa un anno di radiazioni sulla superficie terrestre… e le cose si fanno molto peggiori se si parla di spostarsi sulla Luna o su Marte, come ben illustra l’immagine sottostante.
Eppure esiste un composto molto semplice e abbondante sulla Terra in grado di proteggerci dalle radiazioni, come suggerisce un gruppo di ricerca dell’università belga di Gent: l’acqua.

Uno scudo fatto d’idrogeno
Suvvia, cosa sono quegli sguardi increduli? Lasciatemi almeno il tempo di spiegare! L’acqua è un composto relativamente denso e contiene numerosi atomi di idrogeno, che hanno la capacità di interagire (in particolare nella forma molecolare H₂) con le particelle radioattive in avvicinamento e rallentarle, fornendo protezione al corpo umano.
Il problema è che nel suo classico stato liquido l’acqua presenta una serie di sfide da superare non da poco, se la si vuole usare come scudo anti-radiazioni:
contenitori d’acqua agganciati alle tute spaziali limiterebbero la libertà di movimento degli astronauti;
una distribuzione d’acqua non omogenea lascerebbe alcune parti del corpo sprotette;
in caso di foratura dei contenitori, si verificherebbe una fuoriuscita d’acqua, il che chiaramente non è ideale in un ambiente pieno di componenti elettronici.
Ecco quindi che Lenny Van Daele e colleghi del Polymer Chemistry and Biomaterials Group hanno pensato a una soluzione semplice ed elegante ai suddetti problemi: utilizzare polimeri (cioè, macromolecole) superassorbenti (o SAP, dall’inglese superabsorbent polymers), comunemente noti come idrogel quando rigonfi.

Polimeri superassorbenti in soccorso
Il SAP è un materiale in grado di assorbire una quantità di liquido pari ad alcune centinaia di volte il suo peso, come si può vedere nell’animazione sopra; per di più si tratta di una tecnologia che è già nota e impiegata in numerosi oggetti di uso quotidiano, come lenti a contatto morbide, pannolini e vari prodotti sanitari.
L’idea del gruppo, inizialmente espressa in una Discovery activity (una sorta di progetto di ricerca) finanziata dall’agenzia spaziale europea (ESA) e successivamente approfondita, è quella di sfruttare la capacità di ritenzione idrica degli idrogel per proteggere dalle radiazioni non solo tute spaziali, ma anche interi habitat o sonde.
Nei SAP, infatti, l’acqua non è in grado di scorrere liberamente, il che consente una sua distribuzione (e quindi protezione) identica ovunque; inoltre, in caso di forature o tagli, l’acqua non fuoriesce immediatamente, fornendo tempo prezioso agli astronauti per mettersi in salvo.
Un ulteriore vantaggio dei polimeri superassorbenti, testati con successo dai ricercatori, è che essi possono essere processati usando tecniche diverse (una cosa rara tra i polimeri), con la stampa 3D che rappresenta il metodo consigliato da Van Daele e colleghi, grazie alla sua flessibilità.
E, a proposito di flessibilità, gli idrogel potranno essere in futuro usati persino come scorte d’acqua, quando i metodi di recupero del prezioso liquido verranno perfezionati. Insomma, il viaggio in sicurezza nello spazio non sarà ancora dietro l’angolo, ma sembra ora un po’ meno lontano.