Ramisyllis multicaudata e i suoi favolosi ani viaggiatori
Al sicuro dentro le spugne Petrosia, il verme marino ha risolto in maniera sorprendente il problema della riproduzione, inviando i suoi stoloni ad accoppiarsi

Per qualsiasi animale, grande o piccolo che sia, spostarsi da un posto all’altro è solitamente un processo che richiede tempo ed energie, oltre a essere spesso pericoloso, particolarmente in zone dove abbondano i predatori.
Purtroppo altrettanto spesso non si possono usare scorciatoie e per provvedere ai bisogni fondamentali dell’esistenza, come procacciarsi il cibo per sopravvivere e trovare un partner per riprodursi, è necessario accettare tali svantaggi e muoversi comunque.
Ma non è sempre così e i policheti (vermi marini) della famiglia delle Syllidae, tra cui in particolare la Ramisyllis multicaudata, costituiscono una straordinaria e bizzarra eccezione: il compito di viaggiare è infatti completamente delegato al loro ano — o, più precisamente, ani.
Spugnose protezioni e problemi riproduttivi
Solitario abitante dell’affollata barriera corallina australiana, R. multicaudata vive quasi completamente immerso negli intricati canali delle spugne del genere Petrosia, organismi a stento classificabili come animali, in quanto mancano di veri e propri organi e sono praticamente immobili.
Sfruttando questa naturale protezione, il nostro giovane verme cresce dalla base della spugna verso l’alto e verso l’esterno, verosimilmente assorbendo nutrienti direttamente dall’ambiente circostante interno — sebbene la cosa sia ancora dibattuta: in tutti gli esemplari esaminati ad oggi, l’apparato digerente è risultato quasi del tutto vuoto.
Ma il modo di svilupparsi di R. multicaudata è estremamente originale: invece di accontentarsi di una sola testa e una sola coda come la maggior parte degli altri animali, essa si ramifica come un albero; il suo sistema nervoso, apparato digerente e tutto il resto si scindono in continuazione, dando vita a centinaia — se non migliaia —di code che si spingono verso l’esterno.
Ogni coda termina in un ano e quelle che raggiungono l’uscita iniziano a strisciare sulla superficie porosa della spugna, in costante esplorazione dei propri dintorni; a questo punto resta solo un problema per il verme, che per il resto è bloccato all’interno: far viaggiare il proprio DNA per perpetuare la specie.
Stoloni in viaggio
Dopo qualche tempo passato sulla superficie della spugna, le code di R. multicaudata iniziano a subire una straordinaria trasformazione: l’ano viene sigillato e un piccolo segmento sulla cima sviluppa occhi e un cervello primitivo; l’intestino si atrofizza, i muscoli si riorganizzano e il DNA da trasferire viene preparato e impacchettato.
Alla fine questa piccola gonade — o ghiandola riproduttiva — autonoma, detta stolone, si stacca dalla coda (lasciandosi alle spalle un nuovo ano) e parte per un viaggio di sola andata verso la superficie dell’oceano, in cerca di un partner di sesso opposto con cui accoppiarsi, visto che tutti gli stoloni generati in un dato momento condividono lo stesso sesso.
Può sembrare una strategia di riproduzione decisamente complessa, ma evidentemente l’evoluzione ha insegnato al nostro verme che anche un viaggio di pochi metri, alla mercè di predatori e forti correnti, può essere molto pericoloso: meglio, quindi, mettere da parte il concetto di “normalità” e fare pieno affidamento sui propri ani rimodellati, standosene al sicuro in un accogliente rifugio spugnoso.