The Aquatope on White Sand: le due facce del mondo marino
L'affascinante anime della P.A. Works soffre di un brusco cambio di direzione a metà percorso, ma merita quantomeno una visione "dimezzata"
Correva l’anno 2021 quando l’importante studio di animazione giapponese P.A. Works lanciava sul mercato 白い砂のアクアトープ (titolo internazionale: The Aquatope on White Sand, d’ora in poi semplicemente Aquatope), un anime in 24 episodi contenuti in una singola stagione.
Ancor prima che andasse in onda, si potevano subito notare un paio di particolarità: innanzitutto, a differenza della stragrande maggioranza dei suoi “simili”, si tratta di un’opera originale, non basata su un manga preesistente; inoltre, fa parte della “Working Series” dello studio, cioè una collana di anime ambientati sul posto di lavoro, cosa non molto comune nel mondo dell’animazione giapponese.
Per di più, si tratta di un posto di lavoro piuttosto originale (un acquario), in cui si intrecciano le vite dei numerosi personaggi e in particolare delle due protagoniste, entrambe in procinto di terminare la scuola superiore: Kukuru, l’impulsiva nipote del direttore del piccolo Gama Gama Aquarium, e la più posata Fuuka, in fuga da una breve carriera nel mondo delle idol.
Quasi a voler pareggiare la differenza di personalità tra le due ragazze, anche l’anime è nettamente suddivisibile in due parti di uguale durata, con un cambio di prospettiva (e, ahimé, di qualità) decisamente spiazzante, sia per quanto riguarda l’ambientazione che lo sviluppo della storia e dei personaggi.
Le gioie della prima stagione
Ma andiamo con ordine: i primi 12 episodi, che potremmo definire la “prima stagione” di Aquatope, ruotano attorno al suddetto Gama Gama, la cui chiusura dopo anni di onorata attività è prevista a breve, causa obsolescenza e soprattutto mancanza di visitatori.
All’acquario sono legati i ricordi di tanti abitanti del posto, che a volte si manifestano sotto forma di visioni personali, in un affascinante realismo magico apparentemente orchestrato da un misterioso personaggio dalle fattezze di uno sciamano bambino.
Non è quindi difficile capire come mai la sostituta direttrice Kukuru (il cui ricordo dei genitori defunti è legato proprio all’acquario) cerchi in tutti i modi di scongiurarne la chiusura, guadagnandosi col suo disperato entusiasmo il supporto di Fuuka (con la quale instaura una bella amicizia), oltre che dei colleghi del Gama Gama.
Questo conflitto, così come quello personale della ex-idol, sono mirabilmente messi in scena e risolti in maniera decisamente soddisfacente nella prima parte dell’anime, supportato anche da un’eccellente qualità visiva e da un forte sentimento ambientalista, che ha però il merito di mantenere sempre un certo equilibrio (ad esempio, non mancano scene in cui i personaggi consumano pasti a base di pesce).
Il tutto si inquadra perfettamente in uno scenario di grande rispetto, non solo per la natura, ma anche per le tradizioni, la spiritualità e le opinioni personali. Particolarmente notevole in merito è un episodio in cui una giovane impiegata di un grande acquario di città viene mandata a fare pratica al Gama Gama: il suo punto di vista è in evidente conflitto con quello di Kukuru, ma la P.A. Works evita sapientemente di inscenare la sua “redenzione” per opera di quest’ultima.
I dolori della seconda stagione
Insomma, fin qui tutto di alta qualità e davvero poco di cui lamentarsi (volendo cercare il pelo nell’uovo, si potrebbe forse obbiettare che il carattere schivo e maturo di Fuuka sembra non adattarsi granché alla sua carriera da idol, ma è un dettaglio); poi però inizia, quasi inaspettatamente, la “seconda stagione”.
Si passa da un paesino (Nanjō City) nella prefettura di Okinawa al caos della grande città, ma soprattutto da un grande conflitto a uno decisamente più piccolo (e francamente meno interessante) riguardo la vita lavorativa di Kukuru.
Come se non bastasse, la tormentata vicenda di Fuuka è, come detto, ormai risolta e i personaggi di supporto della prima parte, pur continuando a comparire di tanto in tanto, vengono praticamente relegati al ruolo di comparse: si potrebbe argomentare che in una grande città è normale che si verifichi una certa spersonalizzazione, se non fosse che nuovi personaggi secondari vengono presto introdotti a rubare la scena.
A tutto ciò si aggiunge una certa, finora insolita maniera didascalica di presentare alcune tematiche ambientali e almeno una situazione che sembra un po’ forzata.
L’Aquatope dimezzato
Con questo non voglio dire che la seconda parte di Aquatope sia terribile, ma di certo risulta più fiacca e stiracchiata rispetto alla prima, tanto che mi sento di dare un consiglio radicale: guardare i primi 12 episodi e chiudere lì, in bellezza, o al più considerare i restanti 12 come dei “bonus”.
Sì, perché sarebbe un vero peccato perdersi un anime davvero notevole nel suo arco narrativo originale, solo perché gliene è stato “appiccicato” (forse per motivi commerciali?) un secondo decisamente prescindibile.