Un sistema di dissalazione quattro in uno
Ingegneri progettano un sistema modulare in grado non solo di dissalare acque salmastre, ma anche di produrre elettricità, idrogeno e aria condizionata

Le attività agricole in zone desertiche remote incontrano enormi difficoltà, a causa della necessità di grandi quantità di acqua ed energia elettrica, combinata con la mancanza di infrastrutture necessarie allo scopo.
Certo, si possono usare generatori di corrente diesel portatili, ma chiaramente si tratta di una soluzione adatta solo per piccole imprese e comunque poco sostenibile a livello ambientale, sia per l’emissione di gas serra che per l’inquinamento acustico.
Ecco quindi che diventa fondamentale, soprattutto in presenza del surriscaldamento globale, riuscire a sfruttare al massimo le risorse idriche ed energetiche naturalmente presenti in situ e magari essere in grado anche di impiegare i residui dell’attività agricola per utili applicazioni collaterali.
È proprio quello a cui mira una coppia di ingegneri presso la Hamad Bin Khalifa University (Qatar), che ha progettato un sistema di dissalazione delle acque in grado di produrre anche elettricità, idrogeno e persino aria condizionata!
Elettricità e dissalazione
Nurettin Sezer e Sertac Bayhan hanno sviluppato il loro ambizioso marchingegno in maniera modulare, come descritto in uno studio pubblicato sul giornale Desalination e come visibile nello schema in testa all’articolo.
Come fonte energetica si usa una serie di pannelli solari bifacciali basati sulla diffusa tecnologia del silicio cristallino fotovoltaico (c-Si PV), ognuno dei quali in grado di produrre fino a 600 watt di potenza (quanto basta per alimentare un camper, ad esempio) con un’elevata efficienza stimata intorno al 23,2% (al momento il limite massimo teorico è del 25%).
A regime, il sistema dovrebbe usare 10.785 m2 di pannelli ed essere in grado di produrre megawatt (MW, ossia milioni di watt) di elettricità, di cui 100 chilowatt (KW, ossia migliaia di watt) usati come fornitura energetica diretta, mentre il resto verrebbe rediretto verso un modulo in grado di raffreddare l’acqua di falda e alimentare il pompaggio della stessa.
Un altro modulo, invece, usa la tecnica della compressione di vapore e un refrigerante per raffreddare ulteriormente l’acqua salmastra, fino alla formazione di cristalli di ghiaccio, che costituiscono acqua dolce (il sale rimanente viene rimosso).
Collaterali e prestazioni complessive
Ma come detto i nostri ingegneri hanno molto di più in mente: il ghiaccio prodotto viene infatti piazzato in un contenitore di stoccaggio e su di esso viene soffiata aria, che si raffredda e viene poi pompata in una stanza a mo’ di condizionatore. Infine, una volta che il ghiaccio si è sciolto, può essere usato come acqua potabile o per irrigare i raccolti: non si butta niente.
Ancora un altro modulo sfrutta una parte dell’acqua e dell’elettricità prodotte in un processo di elettrodeionizzazione, nel quale si utilizza una membrana a scambio protonico per separare l’idrogeno dall’acqua e poterlo utilizzare successivamente come fonte energetica.
Nel complesso, Sezer e Bayhan dichiarano risultati di tutto rispetto: ogni giorno, il sistema sarebbe in grado di generare 2,4 MWh di elettricità, 52,8 m3 di acqua dolce e 6,3 MWh di aria condizionata, oltre a 177 kg di idrogeno.
Il tutto con numerosi vantaggi rispetto a un sistema di distillazione classico, come basso consumo energetico, scalabilità, incrostazioni o corrosione praticamente nulle e nessuna necessità di pre-trattamento per purificazione, oltre ai già accennati benefici per l’ambiente.