Gli scacchi e il flagello degli adult improver
Fenomeno nato durante il periodo della pandemia, le numerose offerte per soddisfarlo quasi mai tengono conto delle reali esigenze dei praticanti
Il 2020 è un anno che verrà sicuramente ricordato per lo scoppio della pandemia di COVID-19, con i suoi milioni di morti e lunghi periodi di lockdown, le cui conseguenze sociali molti stanno ancora pagando.
Ovviamente c’è anche chi è stato bravo e/o fortunato a sfruttare la situazione a proprio vantaggio e un caso evidente in merito è quello delle piattaforme di streaming su Internet, che hanno fornito un po’ di sollievo durante l’interminabile confinamento e distanziamento.
Un esempio molto noto è quello di Netflix e della miniserie The Queen's Gambit, che ha contribuito a (ri)svegliare la passione per gli scacchi, in particolare nella fascia di popolazione adulta, tanto che è stato coniato un termine apposito per definirla: adult improver.
Di conseguenza, da un giorno all’altro sono spuntate innumerevoli offerte di libri, corsi, lezioni e contenuti online in generale, con programmi più o meno validi per supportare la crescita scacchistica di queste persone non più giovanissime.
La tendenza continua tuttora, senza evidenti cali di interesse, e da appassionato del gioco l’ho ovviamente seguita (e la seguo) con una certa attenzione, il che mi ha portato a maturare un personale punto di vista, riassumibile nella seguente domanda: che fine ha fatto il divertimento?
Il problema dei programmi di allenamento
Gli scacchi sono notoriamente un gioco (anzi, oramai a tutti gli effetti uno sport) difficile: in ogni momento le variabili da considerare e calcolare sono numerose e non sempre evidenti; per di più, la tensione per il tempo a disposizione che si assottiglia non fa che rendere ancora più complicata la scelta della propria mossa, che potrebbe anche rivelarsi un errore decisivo.
Ecco perché per riuscire a raggiungere un certo livello di abilità sono necessari, tra l’altro, impegno, pazienza, calma e concentrazione, qualità che non sempre sono allenabili efficacemente in un adulto medio con un lavoro di 8+ ore al giorno e famiglia, magari con figli piccoli.
Eppure è su queste che battono molti dei programmi mirati al miglioramento, il che, se da un lato è oggettivamente ciò che serve per ottenere risultati in tempi ragionevoli, dall’altro spesso tende a ignorare o perlomeno a sottovalutare ciò che soggettivamente è fattibile da una persona adulta.
Cosa ancora peggiore, almeno dal mio punto di vista, è che nemmeno nei casi di piani più realistici viene solitamente considerato un aspetto fondamentale: dopo una lunga e faticosa giornata/settimana, l’aspirazione principale per molti è quella di rilassarsi e divertirsi.
All work and no play…
Ora mi si potrebbe dire: “Ma se vuoi migliorare in qualcosa, bisogna fare dei sacrifici”, il che è indubbiamente vero, ma non credo debba necessariamente essere portato all’estremo: dopo tutto, nessuno punta a diventare forte come Carlsen o Kasparov in età adulta.
Mi fa quindi un po’ sorridere quando leggo che, dopo aver completato in tutto o in parte il programma di allenamento quotidiano, ci si può concedere una “ricompensa”, facendo qualcosa che ci piace.
Da notare come un approccio troppo rigoroso allo studio può anche generare sensi di colpa e/o scoraggiamento, se non si riesce a rispettare quanto programmato, il che mi pare francamente eccessivo, tranne che nei casi di assoluta dedizione allo scopo.
Insomma, il mio consiglio per gli adult improver è piuttosto radicale: fare ciò che piace, anche se solitamente giudicato poco utile (come guardare un video di scacchi su YouTube), e studiare quando e quanto si vuole, senza rigide costrizioni: probabilmente si migliorerà più lentamente, ma altrettanto probabilmente ci si divertirà di più nel farlo.