Luce che esce da una nuvola di atomi ancor prima di entrarvi
I risultati di un recente esperimento con rubidio ultra-freddo registrano un tempo negativo di permanenza dei fotoni all'interno del sistema
Nonostante il nome, la teoria della relatività ristretta (o speciale) di Einstein contiene un’importante parametro assoluto: la velocità della luce nel vuoto, che è costante, indipendente dal sistema di riferimento e insuperabile.
Ne consegue che, quando la luce attraversa un materiale, la sua velocità generalmente diminuisce, in quanto le particelle che la compongono (i fotoni) interagiscono con gli atomi che costituiscono il materiale stesso.
Ma alla meccanica quantistica non interessano queste noiose limitazioni e così può capitare che, se le condizioni sono quelle giuste, la luce possa trascorrere un tempo negativo all’interno di un materiale, in un certo senso uscendone ancor prima di esservi entrata.
Rubidio ultra-freddo attraversato da raggi laser
Nel 2017 la ricercatrice in ottica quantistica sperimentale Daniela Angulo si trasferì all’Università di Toronto proprio per studiare l’interazione tra luce e materia, sotto la supervisione del rinomato prof. Aephraim M. Steinberg.
Uno degli esperimenti consisteva nel raffreddare fin quasi allo zero assoluto (sì, ormai lo sapete, è lì che la meccanica quantistica lancia la sua magia) un insieme o nuvola di decine di migliaia di atomi di rubidio e farci passare attraverso dei fotoni.
Poiché a quelle temperature è possibile controllare precisamente lo stato quantistico degli atomi tramite laser e campi elettromagnetici, Angulo e colleghi in realtà usarono due raggi laser: uno che trasportava i fotoni che sarebbero stati riflessi oppure assorbiti e poi rilasciati dal rubidio, un altro che fungeva da sonda.
Più precisamente, questo secondo raggio (chiaramente sparato verso un rilevatore diverso) non veniva assorbito, ma serviva piuttosto a tracciare il cambiamento nello stato quantistico che avveniva quando un atomo nella nuvola assorbiva un fotone proveniente dal primo raggio.
In questo modo era possibile verificare non solo se un atomo aveva cambiato stato mentre un fotone si trovava nella nuvola di rubidio, ma anche per quanto tempo. E qui avvenne qualcosa di strano: i ricercatori scoprirono, infatti, che c’era una particolare combinazione di frequenza del laser e stati quantistici degli atomi per la quale tale tempo risultava negativo.
Probabilità quantistiche a soccorso
Come si spiega tale risultato, senza ricorrere a mezzi fantascientifici quali una macchina del tempo? Basta usare la meccanica quantistica, ovviamente! Oggetti quantistici quali un fotone, infatti, possono comportarsi sia come particelle che come onde, che interferiscono le une con le altre come increspature sulla superficie di uno stagno.
Di conseguenza la posizione di una particella non può essere stabilita precisamente a priori, ma bisogna accontentarsi di un’insieme di probabilità che essa si trovi in un punto piuttosto che in un altro, finché non si effettua una rigorosa misurazione.
Ciò implica che un fotone ha varie opzioni su come viaggiare in una nuvola di atomi, inclusa la possibilità di spenderci un tempo zero o addirittura un tempo negativo, se tutte queste possibilità si combinano nel modo giusto, come fatto dal team Angulo.
Ora ci si potrebbe (e a ragione) chiedere: ma questo non viola le leggi della fisica, consentendo stramberie quali, appunto, il viaggio indietro nel tempo? Beh, non esattamente: in questo caso non si crea alcun paradosso stile Back to the Future, in quanto i fotoni non vengono utilizzati per trasmettere informazioni.
Al confine tra curiosità e sicurezza
Non resta quindi che chiedersi cosa significa tutto ciò e se può avere un'utilità pratica, ma prima di tutto è il caso di “mettere le mani avanti”: i sistemi quantistici sono infatti estremamente delicati, suscettibili a deteriorarsi al minimo contatto con l'ambiente esterno, e questo caso non fa eccezione.
Di conseguenza, i ricercatori sono stati costretti ad effettuare delle misurazioni cosiddette molto deboli (sostanzialmente indirette) dei fotoni, per preservare la coerenza del sistema: ecco quindi che i risultati potrebbero non essere perfettamente accurati (lo stesso Einstein famosamente diceva: “Il tempo è ciò che misurano gli orologi”), sebbene il gruppo abbia effettuato rilevazioni ripetute di un singolo punto anche per 15 ore!
Inoltre, pur essendo indubbiamente un esperimento interessante, si tratta al momento di poco più che dell'esplorazione di una curiosità teorica. Non bisogna però dimenticare che oggigiorno l'ottica quantistica è un campo estremamente importante per l'implementazione di canali di comunicazione sicuri, in prospettiva di un futuro Internet quantistico, e quindi conoscere e studiare tali casi limite può rivelarsi sicuramente utile.
C'è sicuramente un errore! (Come quegli astronomi che rilevavano la presenza di segnali cosmici e invece era il loro microonde nella stanza accanto :D). Scherzi a parte, sembra un esperimento interessante, anche se nella mia ignoranza non so a cosa potrebbe servire. So però che non esistono canali di comunicazione sicuri! Se non avremo malware quantistici, ci saranno backdoor quantistiche lasciate apposta.