Il Sistema Solare allo specchio
Un'interessante simulazione usa il metodo TTV e i soli transiti di Terra e Venere per scoprire come apparirebbe il Sistema Solare a un osservatore distante
Il Sistema Solare presenta caratteristiche uniche tra tutti i sistemi planetari ad oggi conosciuti: nessun altro, infatti, può vantare otto pianeti equamente suddivisi (quattro rocciosi interni e quattro gassosi esterni) che orbitano attorno a una stella nana gialla.
Certo, Kepler-90 gli si avvicina, essendo anch’esso costituito da una nana gialla e otto pianeti, di cui quelli rocciosi orbitano più vicino alla stella, ma le similitudini si fermano qui: i sei pianeti rocciosi, infatti, variano da super-Terre a mini-Nettuno, senza contare che, per quanto ne sappiamo, su nessuno di essi è presente la vita.
Ciò significa che quando future missioni come PLATO o LUVOIR si metteranno a caccia di analoghi del Sistema Solare, beh, potremmo ritrovarci un po’ impreparati. Ecco quindi che risulta particolarmente interessante un recente studio i cui autori si chiedono: come apparirebbe il Sistema Solare a un osservatore distante?
Né transiti, né velocità radiali
Prima di entrare nel merito, una piccola premessa: nonostante l’abbondanza di dati a supporto della tesi, è difficile dire se il nostro sistema stellare sia davvero unico. Ciò dipende dalle caratteristiche dei due metodi coi quali abbiamo finora scoperto la maggior parte degli esopianeti (o pianeti extra-solari) conosciuti:
il metodo dei transiti, che consiste nel rilevare l’ombra di un pianeta quando esso passa di fronte alla sua stella lungo la nostra linea di vista;
il metodo delle velocità radiali, che consiste nel rilevare l’influenza gravitazionale periodica di un pianeta, per quanto piccola, sulla sua stella.
Tali metodi hanno maggiori difficoltà a rilevare pianeti piccoli, poco massicci o che orbitano lontano dalla propria stella, il che potrebbe inficiare le nostre statistiche in merito alla popolazione degli esopianeti.
Di conseguenza, per il loro studio gli astronomi Bethlee M. Lindor ed Eric Agol dell’Università di Washington hanno scelto di usare un metodo meno popolare, ma sicuramente affascinante: quello della variazione del tempo di transito (o TTV, dall'inglese Transit-Timing Variation).
Variabilità e metodo TTV
In un “noioso” sistema stellare senza complicazioni, con una sola stella e un solo pianeta, il transito di quest’ultimo avviene in maniera perfettamente regolare: uno per ogni periodo orbitale.
Ma a volte sono presenti cause che rovinano tale regolarità, quali:
accelerazione verso la Terra (o sulla linea di vista) della stella, specialmente quando essa subisce l’influenza gravitazionale di un distante corpo massiccio, come un’altra stella o un pianeta gigante;
precessione anomalistica, cioè la rotazione graduale della linea che connette il punto più lontano e quello più vicino dell’orbita del pianeta (lo so, non è facilissimo da immaginare, ma per fortuna quest’animazione ci viene in aiuto);
decadimento orbitale, determinato da cause gravitazionali o elettromagnetiche, che fa sì che la distanza tra il pianeta e la stella nel punto più vicino dell’orbita diminuisca gradualmente col tempo.
Inoltre, in un sistema multi-planetario, sono da considerare anche possibili variazioni associate all’attrazione gravitazionale degli altri pianeti. Tutte queste variazioni del tempo di transito sono, come ci si può aspettare, ben gestite dall’omonimo metodo TTV.
E arriviamo ora al cuore dello studio, nel quale gli autori provano a immaginare come apparirebbe il Sistema Solare a un osservatore distante che veda solo i transiti della Terra e di Venere e che informazioni potrebbe ricavarne sia riguardo tali pianeti, che riguardo quelli di cui non sono disponibili i dati di transito, usando il metodo TTV.
Le basi della simulazione
Innanzitutto un paio di precisazioni:
per evitare complicazioni, Lindor & Agol hanno considerato il movimento del sistema Terra-Luna (EMB, dall’inglese Earth-Moon Barycenter), piuttosto che quello della sola Terra;
ad ogni tempo di transito rilevato di EMB e Venere viene aggiunto il cosiddetto rumore gaussiano, un valore probabilistico per tenere conto della variabilità del Sole.
A questo punto si può cominciare la simulazione, considerando 30 anni di osservazioni per un totale di 80 transiti di EMB e Venere, con un rumore gaussiano pari a un’incertezza di 30 secondi per transito.
I dati ricavati da tali osservazioni vengono poi confrontati con vari modelli di possibili sistemi planetari, dal più semplice con soli 2 pianeti (EMB e Venere, appunto), fino a quello più complesso con 5 pianeti (EMB e Venere + Giove, Marte e Saturno, di cui non si conoscono i transiti).
Da notare che, avendo a disposizione solo i dati dei transiti di EMB e Venere, viene abbandonata a priori la possibilità di rilevare anche Mercurio, Urano e Nettuno, visto che questi ultimi contribuiscono solo in minima parte alle TTV e quindi sarebbero praticamente impossibili da identificare.
Un analogo del Sistema Solare
Ed ecco finalmente che arrivano i risultati (rullo di tamburi):
il modello a 2 pianeti, come prevedibile, non riproduce correttamente i dati, ma sorprendentemente è in grado comunque di calcolare accuratamente massa ed eccentricità dell’orbita (cioè, la misura di quanto essa sia deviata da un cerchio) sia di EMB che di Venere;
il modello a 3 pianeti risulta nettamente preferibile a quello a 2 (tecnicamente, per tale confronto si usa il Criterio di informazione Bayesiano (BIC), che tende a preferire modelli semplici con una buona corrispondenza ai dati osservativi); in particolare, con tale modello un osservatore distante riuscirebbe sicuramente a rilevare la presenza di Giove, anche con un rumore gaussiano di 90 secondi;
serve però un’elevata precisione dei tempi di transito oppure un modello a 4 pianeti per misurare correttamente la massa del gigante gassoso. Con tale modello (preferito dal BIC rispetto a quello a 3) sarebbe però difficile rilevare Marte (tecnicamente, l’affidabilità della rilevazione sarebbe inferiore ai 3 sigma, mentre in ambito astronomico 5 sigma rappresenta un buon valore), a meno di non avere dati di transito estremamente precisi (scarto non superiore ai 10 secondi).
per quanto riguarda il modello a 5 pianeti… beh, gli autori non forniscono dati dettagliati in merito, in quanto si sono accorti durante la simulazione che rilevare le TTV causate da Saturno richiederebbe una precisione dei tempi di transito fin troppo ottimistica.
Insomma, caratterizzare sistemi multi-pianeta con il metodo delle TTV non è certo impresa facile e richiede precisione e pazienza, ma lo studio lascia comunque ben sperare in merito alla ricerca di sistemi stellari simili al nostro, visto che coi soli dati dei transiti di Terra e Venere risulta possibile ricavare molte più informazioni del previsto sull’architettura e composizione del sistema.