Il mistero delle tre stelle scomparse
Oltre settant'anni fa, tre corpi celesti sparirono improvvisamente dai "radar", dando origine a un famoso giallo astronomico
19 luglio 1952, osservatorio di Monte Palomar, California, ore 21.45: gli astronomi presenti restano a bocca aperta, mentre guardano quanto appena impresso su lastra fotografica dal telescopio.
Di per sé la foto non ha niente di strano, ma se la si confronta con un’altra scattata neanche un’ora prima e raffigurante la stessa porzione di cielo, il problema salta subito all’occhio: tre stelle sono misteriosamente scomparse.
Avete letto bene: scomparse, non semplicemente affievolite, e men che meno esplose in supernova, il che avrebbe provocato un massiccio incremento di luminosità. Dopo l’iniziale stupore, da buoni scienziati gli astronomi di stanza all’osservatorio iniziarono a lavorare per cercare di capire cosa potesse essere successo.
Se siete tra coloro che odiano le anticipazioni, vi consiglio di passare direttamente al paragrafo successivo, perché sto per svelarvi il finale del giallo: a distanza di oltre 70 anni, i tre corpi (celesti) non sono stati ancora ritrovati.
Ma andiamo con ordine, seguendo le “indagini” dall’inizio, sulle orme del gruppo guidato dal prof. Enrique Solano del Centro de Astrobiología (CAB) di Madrid, come riporta Brian Koberlein su Universe Today.
Prima ipotesi: magnitudine apparente
In astronomia il termine “magnitudine apparente” si riferisce alla luminosità di un corpo celeste, rilevata da un certo punto di osservazione (solitamente la Terra). In maniera un po’ controintuitiva, valori alti su questa scala indicano luminosità più basse.
Perché parlo di magnitudine? Beh, ragionevolmente la prima ipotesi considerata dagli astronomi americani fu quella di un improvviso abbassamento di luminosità delle tre stelle: improbabile, ma non scartabile a priori.
Le tre stelle rilevate a Palomar alle 20.52 del giorno della scomparsa avevano una magnitudine apparente di 15, cioè abbastanza luminose (per intenderci, con un comune binocolo sono osservabili oggetti fino a circa magnitudine 10).
Purtroppo osservazioni successive non trovarono alcun corpo celeste in zona, neppure di una magnitudine superiore a 24; ciò significa che, per confermare l’ipotesi suddetta, le stelle si sarebbero dovute affievolire di un fattore di 10000 o più.
Questo sì che è altamente improbabile, e quindi non restava che ripartire da zero.
Seconda ipotesi: lampo radio veloce e lente gravitazionale
Un’altra ipotesi complessa, ma suggestiva, postulava che si trattasse non di tre, ma di una singola stella e per spiegarlo combinava due fenomeni astrofisici molto diversi tra loro: il lampo radio veloce (fast radio burst, in inglese) e la lente gravitazionale.
Il lampo radio veloce è un impulso radio transitorio, solitamente della durata di pochi millisecondi (da cui il nome), ma molto energetico, la cui sorgente è ancora oggi non ben chiara. La teoria prevalente, comunque, ritiene che esso venga generato da una magnetar, un particolare tipo di stella di neutroni dal fortissimo campo magnetico (di cui ho parlato qualche tempo fa in questo articolo).
Con lente gravitazionale, invece, si intende un fenomeno in base al quale un oggetto estremamente massiccio (come un buco nero, di cui ho parlato brevemente in quest’altro articolo) si frappone tra l’osservatore e l’oggetto osservato, fungendo appunto da lente, che ingrandisce e a volte distorce il bersaglio.
Mettendo assieme il tutto, è ipotizzabile che le tre stelle fossero in realtà una singola magnetar, che emise un lampo radio veloce mentre un buco nero le transitava di fronte; la lente gravitazionale fornita da quest’ultimo aveva quindi distorto la radiazione, facendo sembrare che essa provenisse da tre oggetti distinti.
È facile capire come le probabilità che si verifichi un evento complesso del genere siano estremamente basse, quindi ancora una volta è il caso di battere altre strade.
Terza ipotesi: oggetti nella nube di Oort
Un’altra possibilità esaminata è che non si trattasse affatto di stelle. Tale ipotesi si basa su calcoli matematici, effettuati a partire dalla distanza dei tre punti luminosi nella foto, l’uno dall’altro e dalla Terra.
Più precisamente, i tre punti si trovano in uno spazio di cielo molto ristretto, cioè a non più di 10 arcosecondi l’uno dall’altro, dove un arcosecondo è un’unita di misura angolare equivalente a 1/3600 di grado.
Considerando tale distanza reciproca, l’intervallo temporale tra la prima e la seconda foto e la velocità della luce per l’evento che ha illuminato i tre oggetti, si conclude che la loro distanza dalla Terra non poteva essere superiore ai 2 anni luce.
Potrebbe quindi trattarsi di oggetti (asteroidi, comete o altro) situati nella nube di Oort, contemporaneamente illuminati da un evento non identificato. Come già accennato, successive osservazioni non rilevarono alcunché, ma è possibile che i tre oggetti si fossero nel frattempo allontanati dal punto iniziale, seguendo ognuno la propria orbita.
Quarta ipotesi: radiazione nucleare
Per concludere, va presa in considerazione un’ipotesi molto più mondana, cioè che non si tratti affatto di oggetti celesti. L’osservatorio di Monte Palomar, infatti, non è distante dalle aree desertiche del New Mexico, dove in quegli anni venivano effettuati test di armi nucleari.
La polvere radioattiva potrebbe quindi aver contaminato le lastre fotografiche, creando dei punti luminosi su alcune delle foto, ma non su tutte. Si tratta di un’ipotesi plausibile, visto anche che casi del genere si sono già verificati negli anni 50 del secolo scorso.
In definitiva, è impossibile dare una risposta certa al mistero della sparizione dei tre punti luminosi, nonostante il lavoro certosino effettuato da Solano e dagli altri ricercatori prima di lui.
La speranza è che si riescano a catturare altri eventi simili in future indagini celesti, in modo da poterle rapidamente seguire con ulteriori osservazioni, che possano finalmente fare luce su un enigma ormai vecchio più di 70 anni.