Il fondo di onde gravitazionali: tutte le conseguenze della scoperta
Appena annunciato da un gruppo di ricercatori nordamericani, il rilevamento potrebbe avere impatti enormi sulla nostra comprensione dell’universo
Il 29 giugno 2023 la collaborazione NANOGrav (North American Nanohertz Observatory for Gravitational Waves) ha annunciato il primo rilevamento di un fondo di onde gravitazionali.
Se confermata da future osservazioni, tale scoperta potrebbe essere paragonata, in quanto ad importanza, a quella della radiazione cosmica di fondo nel 1965.
Poiché esistono già ottimi articoli in merito, in seguito andremo ad esaminare solo brevemente in cosa consiste il fondo di onde gravitazionali e come è stato possibile osservarlo, per poi focalizzarci sulle enormi conseguenze di tale rilevamento.
Onde gravitazionali a bassa frequenza e temporizzazione delle pulsar
Era il 2015, cioè quasi cent’anni dopo le previsioni in merito di Einstein, quando furono rilevate per la prima volta le onde gravitazionali.
Esse sono generate dall’accelerazione di qualsiasi corpo che abbia una massa e provocano minuscole contrazioni o espansioni dello spaziotempo, cioè il “tessuto” su cui è incorporata ogni cosa.
Si trattava, in quel caso, di onde gravitazionali ad alta frequenza, cioè con una lunghezza d’onda corta, che sono comparativamente più facili da rilevare: “basta” avere un rilevatore sensibile e abbastanza grande da contenere fisicamente l’onda.
Nel caso del fondo di onde gravitazionali si tratta invece di onde a bassa frequenza, quindi con una lunghezza d’onda ampia, che nemmeno un rilevatore grande quanto la Terra potrebbe contenere.
È qui che entra in gioco la temporizzazione delle pulsar, residui di stelle di cui ho parlato di recente.
Utilizzando una rete di 68 pulsar (Pulsar Timing Array o PTA), situate ad enormi distanze l’una dall’altra, e dati relativi a ben 15 anni di osservazioni dei loro “battiti”, i ricercatori hanno in pratica avuto a disposizione un rilevatore di dimensioni astronomiche.
Grazie ad esso, sembrano essere finalmente riusciti a scoprire l’esistenza di un fondo di vibrazioni nel tessuto dello spaziotempo, come una sorta di ronzio cumulativo delle varie onde gravitazionali generatesi in diversi punti dell’universo.
L’ampliamento dell’astronomia multi-messaggio
La prima e più semplice implicazione di tale scoperta sarebbe l’apertura di un nuovo (sotto)campo di osservazione astronomica, quello delle onde gravitazionali a bassa frequenza, un po’ come nel 2015 iniziò l’era dell’osservazione delle onde gravitazionali (ad alta frequenza, in quel caso).
Ciò sarebbe di grande importanza per la cosiddetta astronomia multi-messaggio, che si basa sull’osservazione e interpretazione coordinata di segnali portati da vari “messaggeri” (tra cui, ad esempio, le varie forme di luce: visibile, ultravioletta, infrarossa, ecc.).
Essendo creati da processi diversi, tali segnali rivelano informazioni diverse riguardo la loro fonte.
La danza cosmica dei buchi neri supermassicci
E a proposito di fonte del fondo di onde gravitazionali, la più accreditata coinvolge uno degli oggetti più spaventosi dell’universo: i buchi neri.
Si tratta di regioni dello spaziotempo con un’attrazione gravitazionale talmente forte che niente, nemmeno la luce (cioè, la cosa più veloce dell’universo), può sfuggire alla loro “morsa”, una volta superato il punto di non ritorno, detto orizzonte degli eventi.
I buchi neri supermassicci, in particolare, hanno una massa da centinaia di migliaia fino a milioni di miliardi di volte (!) superiore a quella del Sole; di conseguenza, quando due di essi si avvicinano sufficientemente l’uno all’altro, iniziano ad orbitarsi a velocità vorticose (a causa dell’enorme attrazione gravitazionale reciproca), fino eventualmente a fondersi, generando onde gravitazionali a bassa frequenza nel processo.
Poiché ad oggi non esistono esempi certi di questo tipo di interazione, si capisce bene come poterne scovare analizzando il fondo di onde gravitazionali costituirebbe un importante strumento nella “cassetta degli attrezzi” degli astronomi.
L’inflazione cosmica dopo il Big Bang
Ma c’è un’ipotesi forse ancora più suggestiva, benché meno probabile, sulla sorgente del fondo di onde gravitazionali: l’inflazione cosmica.
Secondo la teoria attualmente più accreditata per spiegare l’origine dell’universo, esso avrebbe attraversato una fase di enorme espansione negli istanti immediatamente successivi al Big Bang (tale espansione sarebbe poi proseguita, ma a ritmi più lenti).
Poiché si parla di espansione dello spazio, è stato teorizzato che l’inflazione abbia generato onde gravitazionali, che però finora si sono dimostrate sfuggenti.
Di conseguenza, se si riuscisse ad associare il fondo di onde gravitazionali con il periodo inflazionario, si avrebbe un’ulteriore prova della validità della teoria dell’inflazione, ma soprattutto si aprirebbe una finestra per l’osservazione dell’universo per com’era una frazione di secondo dopo il Big Bang.
L’energia oscura e l’espansione dell’universo
E restando in tema di espansione, quando l’universo era ormai “maturo” (cioè, circa cinque miliardi e mezzo di anni fa), la sua espansione iniziò improvvisamente ad accelerare.
Il fenomeno fu scoperto solo alla fine degli anni 90 del secolo scorso e per spiegarlo fu introdotto il concetto di energia oscura.
Si tratta di una forma di energia ancora misteriosa, che impatta la struttura dell’universo su larga scala, e può essere spiegata in termini semplici usando l’analogia di un panettone che lievita, coi canditi che rappresentano le varie galassie, che si allontanano sempre più l’una dall’altra a mano a mano che il lievito fa il suo effetto.
Ormai avrete già capito dove stiamo andando a parare: struttura dell’universo uguale spaziotempo, la cui espansione genera un fondo di onde gravitazionali, la cui osservazione potrebbe aiutarci a svelare finalmente il mistero dell’energia oscura.
La materia oscura e la rotazione delle stelle
“Parente stretto” dell’energia oscura è la cosiddetta materia oscura, oggetto misterioso che non interagisce con la luce in nessun modo e quindi ci risulta sostanzialmente invisibile.
La materia oscura interagisce, però, con la gravità ed è proprio per questo che fu indirettamente scoperta negli anni 60 e 70 del secolo scorso: senza di essa, infatti, sarebbe difficile spiegare il movimento delle stelle nelle regioni esterne delle galassie, che orbitano in una maniera tale da richiedere la presenza di una massa invisibile nelle vicinanze.
L’accelerazione delle stelle dovuta alla presenza di materia oscura ovviamente genera onde gravitazionali e quindi l’analisi del fondo di onde potrebbe fare luce (metaforicamente) anche su questo mistero.
E francamente sarebbe pure ora, visto che energia oscura e materia oscura, se sommate, rappresentano il 95% (!) dell’intero universo.
La teoria della relatività generale di Einstein
Infine, confermare la presenza di un fondo di onde gravitazionali sarebbe utile anche come ulteriore banco di prova per la teoria della relatività generale di Einstein.
Nel 1916, cioè un anno dopo la pubblicazione della suddetta teoria, il geniale scienziato tedesco predisse l’esistenza delle onde gravitazionali, basandosi proprio sulla relatività generale.
La conferma arrivò, come accennato all’inizio, nel 2015, ma per completare l’opera sarebbe utile comparare le previsioni teoriche anche con l’osservazione di onde gravitazionali a bassa frequenza.
Insomma, con in ballo tutto quanto descritto finora, è evidente l’enorme impatto nel mondo scientifico della scoperta appena annunciata.
Non ci resta, quindi, che attendere col fiato sospeso ulteriori osservazioni negli anni a venire, sperando di avvicinarci sempre più alla comprensione dell’universo in cui viviamo.