La cartografia chimica rivela regioni sconosciute della Via Lattea
Esaminando la metallicità delle giovani stelle oscurate dalla polvere, è possibile mappare sempre più accuratamente la nostra galassia
Quando si parla di galassie, c’è un dato che può risultare sorprendente: spesso conosciamo meglio galassie lontane milioni di anni luce che la nostra Via Lattea.
Il motivo è che viviamo al suo interno e, date le enormi distanze per uscirne, non siamo in grado di averne una visuale dall’esterno; volendo usare un’analogia, è un po’ come cercare di disegnare la mappa di una grande città trovandosi in una strada del centro, invece che in un aereo che la sorvoli.
In particolare, pur sapendo dagli anni ‘50 del secolo scorso che la Via Lattea è una galassia a spirale, non ne conosciamo precisamente né la forma, né la struttura e nemmeno il numero di bracci.
Ma le cose sembra stiano finalmente per cambiare, grazie al lavoro di un astronomo americano e all’utilizzo di una particolare tecnica di mappatura, la cartografia chimica.
Una mappa chimica della Via Lattea
Normalmente la posizione e le caratteristiche dei corpi celesti vengono rilevate analizzando la luce che emettono; la cartografia chimica (detta anche mappatura chimica) usa invece un approccio completamente diverso.
Una mappa chimica, infatti, mostra come sono distribuiti all’interno di una galassia gli elementi della tavola periodica, consentendo agli astronomi di identificare i corpi celesti in base alla loro composizione chimica.
In realtà la cartografia chimica non è una tecnica recente, ma finora non era stata mai particolarmente efficace, a causa delle limitazioni tecnologiche dei nostri telescopi.
Grazie ai recenti progressi in merito, invece, l’assistente professore Keith Hawkins dell’Università del Texas è riuscito ad applicarla con successo alla Via Lattea, come riporta Emily Howard sul sito dell’università stessa.
Ma come funziona precisamente la cartografia chimica? Per capirlo, è necessario fare un “breve” viaggio fino alle origini dell’universo.
La via dei metalli
Subito dopo il Big Bang erano presenti nell’universo solo idrogeno, elio e piccole quantità di elementi più pesanti, che in astronomia vengono definiti “metalli”. Le stelle primordiali iniziarono quindi a fondere idrogeno ed elio nei loro nuclei, generando elementi sempre più pesanti, fino ad esplodere.
Alla loro morte, tali metalli vennero rilasciati nell’universo, a costituire le basi per la futura generazione di stelle. E così, a mano a mano che il ciclo si ripeteva, nascevano stelle con una metallicità (cioè, il rapporto tra metalli e idrogeno) sempre più elevata.
Avanti veloce fino ad arrivare alla Via Lattea: durante la sua rotazione la polvere e il gas, solitamente presenti in abbondanza nei bracci di spirale, vengono compressi, dando vita a nuove stelle.
Di conseguenza, la presenza di numerose stelle giovani tendenzialmente è associata alla presenza di bracci. Ma a volte la luce di tali stelle è nascosta da nubi di polvere, che anche i nostri migliori telescopi fanno fatica a penetrare.
È qui che entra in gioco la cartografia chimica a riempire i vuoti: le stelle giovani vengono individuate grazie al fatto che esse hanno una maggiore metallicità rispetto a quelle vecchie.
I risultati della ricerca e le promesse future
Per creare la sua mappa chimica, Hawkins si è concentrato su un’area di 32600 anni luce intorno al Sole, zona per la quale esistono dati sulla metallicità.
Comparando tale mappa con quelle preesistenti della Via Lattea, non solo i bracci di spirale combaciavano, ma la cartografia chimica rivelava anche regioni finora sconosciute.
Per tale eccellente risultato vanno ringraziati i preziosi dati ricavati dal Large Sky Area Multi-Object Fibre Spectroscopic Telescope (LAMOST) e soprattutto quelli del telescopio spaziale Gaia, che rappresentano quanto di più preciso ed esaustivo abbiamo attualmente a disposizione riguardo la nostra galassia.
Ciò nonostante, tali dati coprono appena l’1% della Via Lattea; ma con Gaia che continua a scrutare il cielo e nuovi telescopi in arrivo, la cartografia chimica promette di rivelare proprietà fondamentali della nostra galassia e dell’universo in generale.
Che sia l’inizio di una nuova era?