Shirobako, un meraviglioso viaggio là dove nascono gli anime
Il capolavoro originale dello studio P.A. Works mette in scena le gioie e i dolori quotidiani di chi lavora nell'industria dell'animazione giapponese

La maggior parte degli anime recenti costituisce un adattamento di un manga preesistente ed è facile capire il perché: sull’onda del successo del formato “inchiostro e pennino”, il rischio economico che si assumono gli studi di animazione viene perlomeno ammortizzato.
Ovviamente ciò mina, spesso in maniera grave, l’originalità dell’opera animata per chi conosce già il manga; ecco quindi che scelte rare e coraggiose come quella dello studio P.A. Works di produrre un anime da zero sono decisamente apprezzabili.
Questo vale ancora di più quando si parla di un capolavoro come Shirobako — andato in onda tra la fine del 2014 e l’inizio del 2015, in due cour da 12 episodi ciascuno — che dimostra mirabilmente come il settore possa non solo reggersi sulle sue gambe, ma anche correre veloce.

La promessa di una scatola bianca
Aoi e le sue amiche Ema, Shizuka, Misa e Midori si appassionano al mondo dell’animazione alle scuole superiori, dove mettono in piedi un club dedicato e si ripromettono un giorno di girare insieme un anime commerciale.
Qualche anno dopo Aoi ed Ema trovano lavoro, rispettivamente come assistente produttrice e animatrice, presso la Musashino Animation, studio dal passato illustre, ma al momento in difficoltà; le altre, invece, fanno fatica a ingranare nel settore, ma non si lasciano scoraggiare facilmente.
Come si può subito capire, Shirobako — il cui titolo significa “scatola bianca” e fa riferimento ai video distribuiti internamente prima del rilascio al pubblico, storicamente registrati su VHS racchiuse in scatole bianche — è un originale meta-anime, cioè un anime che parla di anime, e mette in scena le difficoltà, ma anche le gioie, di far parte dell’industria dell’animazione giapponese.
E lo fa in maniera realistica, senza risparmiare i pugni: i personaggi — non solo le protagoniste, ma tutto lo staff: a partire dall’addetto alle consegne, fino al regista, passando per i key animator e le doppiatrici — lottano quotidianamente per rispettare le date di rilascio o per conquistare una posizione migliore, ma chi più chi meno lo fanno tutti con passione, che culmina nel momento in cui i frutti del duro lavoro raggiungono finalmente il giudizio del pubblico.

Una lettera d’amore con molte firme
E a tal proposito, quale momento migliore per parlare dei miei amati personaggi? Shirobako è un anime corale che letteralmente deborda di “materiale umano”, un po’ come i film di Altman (di cui consiglio in particolare l’eccellente Short Cuts): già il fatto che vi siano cinque protagoniste, sebbene Aoi sia chiaramente il fulcro, non è una cosa comune e c’è il rischio di sentirsi mancare l’aria in questo turbinio di umanità.
Per fortuna, però, lo studio P.A. Works fa un ottimo lavoro nel fornire quanto più possibile ossigeno allo spettatore, mostrando ripetutamente a schermo nomi e ruoli dei vari personaggi, finché essi non diventano familiari; a tal proposito aiuta anche il fatto che i volti, l’abbigliamento e anche gli atteggiamenti siano molto dettagliati e diversificati.
Ovviamente non tutto il gruppo riceve la stessa cura nel processo di caratterizzazione, ma ogni membro ha la sua occasione di risplendere sotto i riflettori nel corso dei 24 episodi, tra incomprensioni, tumulti interiori, ma anche grandi soddisfazioni, con Aoi che funge da collante tra i vari reparti e risorse umane della Musashino.
La progressione della storia — divisibile in due parti da 12 episodi, culminanti ognuna nella realizzazione di un intero anime — è avvincente e fornisce un’approfondita visione dall’interno sull’intero processo produttivo, ma come prevedibile alcuni dei momenti migliori sono quelli in cui ci si concede un attimo di pausa dalla frenesia lavorativa per esaminare un po’ più a fondo i vari personaggi.
In definitiva, Shirobako è una vera e propria lettera d’amore diretta all’industria dell’animazione, con numerosi riferimenti sia a opere del passato che a quelle più recenti; uno sguardo dolce e con un pizzico di magia, ma allo stesso tempo verosimile alle professioniste e ai professionisti del settore che, grazie ai loro sforzi quotidiani e alla loro passione, ci fanno ridere, piangere e sognare con le loro produzioni.