Un buco nero formatosi senza supernova?
Astronomi avanzano l'ipotesi del collasso diretto di una stella massiccia nel sistema binario VFTS 243
Il progetto VASCO (acronimo per Vanishing and Appearing Sources during a Century of Observations) nasce nel 2017 con un obbiettivo peculiare: cercare stelle della Via Lattea scomparse negli ultimi 70 anni (a dispetto del nome che parla di un secolo, lo so).
Per fare ciò, impiega una strategia piuttosto semplice: si prendono immagini del cielo scattate negli anni 50 del secolo scorso e le si confrontano con quelle attuali, grazie all’uso di mezzi automatici e citizen science (con l’aiuto, cioè, di astronomi amatoriali).
In questo modo sono stati evidenziati migliaia di oggetti visibili all’epoca, ma non più oggigiorno. Tralasciando ipotesi piuttosto fantascientifiche (con tanto di zampino extraterrestre tramite sfere di Dyson), il motivo più probabile per tale “scomparsa” è semplicemente che si tratti di stelle variabili, che hanno sperimentato un picco di luminosità nel secolo scorso e poi sono diventate troppo fioche per poter essere catturate dalle osservazioni in quello corrente.
Ma c’è un’altra possibilità più suggestiva, stavolta con solide basi scientifiche: che alcuni di questi corpi celesti ci abbiano, per così dire, lasciato senza fare rumore, collassando direttamente in un buco nero senza prima esplodere come supernove.
Di supernove e buchi neri
La vita di una stella non è certamente noiosa, basata com’è su una continua lotta tra la gravità, che vorrebbe farla collassare su se stessa, e la fusione termonucleare nel nucleo, che spinge verso l’esterno a bilanciare la gravità nel cosiddetto equilibrio idrostatico.
Ma quando alla stella non resta più altro da fondere che il ferro, la situazione si fa critica: tale tipo di fusione, infatti, non fornisce abbastanza energia per bilanciare la gravità, che quindi “vince” e porta al collasso stellare.
Ora, se la stella è almeno otto volte più massiccia del Sole, se ne va col botto: gli strati esterni, dopo essere collassati sul nucleo, “rimbalzano” in una tremenda esplosione detta supernova, in grado di reggere il confronto in quanto a luminosità con un’intera galassia (!), e lasciano dietro di sé un oggetto estremamente compatto: una stella di neutroni o un buco nero.
O almeno così dice la teoria dominante. Simulazioni al computer prevedono, infatti, che alcune supernove facciano “cilecca” e ora un gruppo di astronomi guidato da Alejandro Vigna-Gómez presso il Max Planck Institute for Astrophysics (Germania) sembra averne trovato prova nel sistema VFTS 243.
Il notevole sistema binario VFTS 243
VFTS 243 è un sistema binario situato nella Grande Nube di Magellano (una delle galassie satelliti della Via Lattea) e composto da una stella circa 25 volte più massiccia del Sole e un buco nero di 10 masse solari.
Fin qui nulla di eccezionale, ma rubando la definizione allo stesso Vigna-Gómez, VFTS 243 presenta una caratteristica notevole: i due oggetti orbitino il centro di gravità del sistema in maniera quasi perfettamente circolare.
Ciò è raro in quanto durante un’esplosione di supernova il materiale stellare viene espulso in modo solitamente asimmetrico, il che fornisce una notevole spinta alla stella di neutroni o buco nero risultante e ne rende l’orbita ellittica.
Cos’è successo, invece, in questo caso? La risposta fornita dal gruppo ha a che fare coi neutrini, leggerissime particelle che interagiscono molto raramente con il resto dell’universo (e per questo sono a volte chiamate ghost particles, particelle fantasma).
Deboli calci in espulsioni simmetriche
Combinando modelli numerici avanzati di collasso stellare coi principi noti riguardo le supernove in sistemi stellari binari, Vigna-Gómez e colleghi hanno infatti concluso che nel caso di VFTS 243 la gran parte dell’energia rilasciata dalla stella collassata in buco nero non deriva dall’espulsione dei suoi strati esterni (difatti essa dovrebbe aver perso solo una piccola parte della sua massa, cioè non più di un terzo di quella solare).
Il grosso verrebbe invece da un’espulsione simmetrica di neutrini, che ha dato solo un debole “calcio” al neonato buco nero: appena 4 km/s, laddove le velocità impartite a stelle di neutroni generate da supernove si attestano solitamente sulle centinaia di km/s e possono arrivare anche oltre un migliaio.
Se confermato, sarebbe il primo caso documentato di espulsione simmetrica di neutrini, che consentirebbe la formazione diretta di buchi neri, anche senza previa esplosione della stella progenitrice in supernova.
C’è però chi fa notare, come l’astronomo Christopher Kochanek dell’Università dell’Ohio (USA), che anche un altro scenario è possibile, cioè quello in cui i due corpi del sistema binario avessero inizialmente orbite ellittiche, che sono state poi rese circolari da una classica espulsione asimmetrica di materia stellare.
Comunque sia, il mistero delle stelle “scomparse” ora ha una possibile soluzione in più: un collasso completo e diretto da stella a buco nero, senza la fanfara di un’esplosione di supernova.