Le onde gravitazionali, nuovi occhi sul cosmo (seconda parte)
Teorizzate da Einstein nel 1916, ci è voluto un secolo per rilevarle, ma le onde gravitazionali hanno rivoluzionato per sempre la nostra visione dell'universo
Ecco a voi la seconda parte dell’articolo sulle onde gravitazionali, in cui Emiliano approfondirà il funzionamento degli interferometri e parlerà della scoperta delle prime onde gravitazionali. Se vi siete persi la prima parte, niente paura: la potete trovare qui.
Buona lettura!
La luce laser alla base degli interferometri
La luce laser ha la proprietà di essere monocromatica, ergo è composta da una singola frequenza (questa è un’approssimazione della realtà), anziché essere un misto di tante diverse (come ad esempio la luce naturale), e se la facessimo passare attraverso un prisma non verrebbe scomposta dalla rifrazione; è inoltre coerente e collimata. In realtà tutti i laser emettono attorno a un picco la cui ampiezza è tanto minore quanto migliore è la qualità del laser stesso.
Negli interferometri un particolare fascio laser molto potente viene fatto propagare in due tubi, tecnicamente cavità di Fabry-Perot, incrociati perpendicolarmente e in cui è stato creato un vuoto ultra-spinto (un miliardesimo della pressione atmosferica a livello del mare, cioè 10-5 Torr).
Affinché l’esperimento possa rimanere operativo a lungo è necessario mantenere il vuoto all’interno dei tubi in modo attivo, perché anche gli atomi strappati dalle pareti interne dei tubi potrebbero inficiare la qualità dei dati raccolti, interferendo col cammino ottico.
La sensibilità dello strumento gli permette di misurare una variazione nella lunghezza dei tubi (che è di 4 km ognuno) di 1/1000 del diametro di un protone. Come misurare la distanza della stella più vicina che si trova a 4,2 anni luce (39’735’067’984’839 chilometri) con lo scarto del diametro di un capello umano. Non male!
La precisione richiesta è tale che i tubi a vuoto sono stati progettati tenendo conto della curvatura terrestre, che su quella distanza devia di circa un metro, e qui va fatta una lode non solo ai progettisti, ma anche squadre di operai che hanno messo in posa l’opera. Avendo studiato costruzioni e lavorato (anche) in edilizia, posso garantirvi che un tale risultato non è scontato.
Questo raggio laser, grazie ad uno specchio semitrasparente, viene sdoppiato in due fasci perpendicolari che, dopo numerosi rimbalzi, vengono ricombinati in modo che siano in controfase. I due fasci devono cioè “cancellarsi” l’un l’altro, in modo che il rilevatore in condizioni neutre non veda nulla.
Ma cosa succede se “qualcosa” modifica la lunghezza di uno dei due bracci? A questo punto le due onde non sono più perfettamente in controfase perché, essendo la velocità della luce nei tubi fissa, al variare della lunghezza di uno di essi varia il tempo che il raggio necessita per percorrerlo, con la conseguenza di arrivare un po’ in ritardo o in anticipo rispetto all’altro.
In questo caso l’interferenza lascerà un residuo proporzionale alla variazione di lunghezza del percorso del raggio in questione. Ovviamente il tutto è ipersemplificato ma l’importante qui è capire il concetto.
Il problema del rumore ambientale e strutturale
La Terra non è certo un posto silenzioso. Con in gioco ordini di grandezza così minuti, il più piccolo rumore sismico o anche solo le attività antropiche (e non solo) di superficie costituiscono un enorme problema. Vediamo come è stato affrontato questo problema.
Primariamente si è scelta una posizione per le installazioni che fosse il più “silenziosa” possibile e quindi su un terreno il meno sismico possibile e il più isolato possibile dalle attività umane. Fatto questo, si è dovuto trovare un modo per isolare la strumentazione da qualsiasi vibrazione (pensate che gli strumenti in esame sono tanto sensibili da poter registrare il calpestio di una persona che si trovi all’interno del complesso stesso).
Per far questo, si è optato per un sistema noto come catena di pendoli. In questo sistema un insieme di cinque pendoli isola meccanicamente e passivamente ogni segmento da quello precedente e lo fa per ogni grado di movimento. Ma siccome questo sistema isola solo dalle frequenze superiori a quelle dei nodi di risonanza del sistema stesso, si è aggiunto anche un sistema di smorzamento attivo tramite elettromagneti per le frequenze inferiori.
È degno di nota il fatto che la lunghezza dei bracci non è stata limitata solo dal budget e dal rapporto costi benefici, ma anche dalla summenzionata curvatura terrestre, in quanto i due specchi della cavità non sono paralleli, ma differiscono da questa posizione (almeno per VIRGO) di 3*10-4 rad; quindi, oltre una certa distanza l’allineamento fra gli specchi sarebbe stato compromesso oltremisura.
Ricordiamo che il raggio laser percorre la cavità avanti e indietro numerose volte prima di essere ricomposto. Questo migliora la sensibilità dell’interferometro, ma il percorso totale ha un limite in relazione alla lunghezza della GW che si vuole rilevare, perché oltre un certo rapporto ne inficia la misurazione. Tutte questo è poi collegato ad un pendolo invertito per lo smorzamento delle frequenza ultra-basse.
Sistemato il rumore esterno si doveva ora attenuare quello interno, causato da due fonti principali: le fluttuazioni poissoniane del numero di fotoni e la pressione di radiazione della luce stessa. Il primo è una variazione del numero di fotoni che colpisce lo specchio per unità di tempo e la seconda è una forza (una spinta) che i fotoni stessi esercitano su di esso.
Ma qui c’è l’inghippo. Per ridurre il primo rumore basta aumentare la potenza del laser, ma questo incrementa il secondo tipo di rumore. In soldoni, si è dovuto scendere a compromessi, ma lo si è fatto in modo ponderato, in quanto si può calcolare per ogni frequenza il valore ottimale della potenza del laser.
Il laser stesso è stato una sfida, in quanto si necessitava di potenza, elevata monocromaticità ed estrema stabilità.
Il giorno della grande scoperta
Ora possiamo tornare a quel 14 Settembre 2015 e al successivo 11 Febbraio 2016, cioè il giorno in cui la scoperta è stata annunciata al mondo. In quella data gli strumenti di LIGO e di VIRGO registrarono per la prima volta in assoluto in modo diretto il “cinguettio” della coalescenza (merging, in inglese) di due buchi neri e il conseguente ringdown.
L’evento, che è registrato come GW150914, che sta per Gravitational Waves più la data di rilevamento, è unanimemente considerato una pietra miliare dell’astronomia e dopo di esso ne sono seguiti tanti altri ad un ritmo crescente.
In quell’evento, 2 BH della massa di circa 30 M ☉ si sono uniti a formarne uno di massa equivalente alla somma dei corpi progenitori meno circa 3 M ☉, che sono state convertite in deformazione dello spaziotempo. Questo è avvenuto a 1,3 miliardi di anni luce di distanza da noi.
Una pignoleria: in astronomia quando si ha a che fare con distanze tanto grandi il concetto stesso di distanza perde di significato o per lo meno non significa più quello che noi intendiamo nella vita di tutti i giorni con “distanza”. Questo può essere un argomento per un futuro articolo.
Le sfide aperte e i vantaggi dell’interferometria
Uno dei problemi di questa nuova astronomia è il puntamento. Come si può evincere dall’immagine sopra, un’antenna gravitazionale non può identificare un singolo punto nel cielo, ma piuttosto un arco di circonferenza. Il lavoro in contemporanea di più di un antenna migliora la precisione.
Già con solo due antenne si può ridurre l’incertezza ai punti di intersezione dei due archi di circonferenza. La stessa cosa avviene (similmente) col segnale dei satelliti GPS. È per questo che è importante che il numero di antenne cresca e con esso le collaborazioni.
Proprio ora i due interferometri sono stati aggiornati e le loro sensibilità sono state incredibilmente ancora aumentate. Altri ancora più grandi e performanti sono in progettazione. Altri progetti puntano alla misurazione delle GW grazie ad altri sistemi, ma questo è argomento per un altro articolo.
Grazie alle GW abbiamo superato la barriera del fondo cosmico a microonde (CMB), che è la più antica radiazione elettromagnetica osservabile, non per un limite strumentale, ma perché l’universo prima di quel momento non era trasparente alla luce.
La CMB è stata emessa poco meno di 400’000 anni dopo il big bang, nel momento in cui luce e materia hanno potuto disaccoppiarsi. Prima l’universo era troppo caldo e denso perché la luce potesse propagarsi liberamente. Questo ha costituito un limite enorme alla nostra possibilità di sondare l’universo primordiale, quello dei primi 300’000 anni, limitando di conseguenza non solo nuove scoperte, ma anche la possibilità di mettere alla prova e setacciare i nostri modelli.
Come se questo non bastasse, le GW possono sondare l’insondabile per eccellenza: i buchi neri. Non essendo assorbite dalla materia, ci permettono di scrutare eventi lontanissimi, migliorando la nostra comprensione dell’evoluzione cosmologica e delle galassie sin da tempi remotissimi.
Uno dei problemi aperti è relativo alla massa dei BH. Questi possono formarsi per collasso gravitazionale di stelle massicce, ma esistendo un limite superiore alla massa delle stelle, ci si aspetta che la distribuzione delle masse dei BH segua un certo profilo. Ma pare che i BH di massa pari ad alcune decine di M ☉ siano un po’ sovrabbondanti.
Questo potrebbe essere una nostro bias osservativo, in quanto ogni antenna gravitazionale è sensibile solo a certe frequenze e di conseguenza alla coalescenza di BH in un determinato intervallo di masse. Una cosa simile avviene nella ricerca di esopianeti. Stando ai dati vi è una predominanza di pianeti dalla taglia nettuniana in su e una carenza di pianeti di taglia terrestre, ma questo è dovuto semplicemente alla difficoltà di scovarne di così “piccoli”.
Dall’altro lato della scala vi sono i buchi neri supermassicci (SMBH dall’inglese SuperMassive Black Hole), con masse di centinaia di milioni o miliardi di M ☉. Oggi sappiamo che già il giovane universo conteneva BH di taglia eccezionale, ma non sappiamo spiegare come questi abbiano potuto accrescere la loro taglia così tanto in così poco tempo, cosmologicamente parlando. Le future osservazioni ci aiuteranno a svelare anche questo enigma e in particolare lo faranno gli osservatori dedicati alla misurazione di GW di frequenza ultra-bassa.
Il passo successivo è stato quello di cercare di misurare il fondo cosmico a onde gravitazionali, come potete leggere in questo articolo.
Siate curiosi e a presto.
Emiliano Girina
Sono un adulto che ha mantenuto la curiosità di quando era bambino. Appassionato di scienza in generale ma soprattutto di scienze astronomiche sin dalla piccola età, forse anche per la fortuna di essere nato e cresciuto sotto uno dei cieli più bui d'Italia. Purtroppo non ho mai realizzato il sogno di bambino e cioè di poter studiare astronomia. Sono introverso e mi giudico un razionalista. Ora vivo e lavoro all'estero.