Teletrasporto di energia? Con la meccanica quantistica si può
Due diversi esperimenti quantistici riescono finalmente a teletrasportare energia, realizzando nella pratica le previsioni di una teoria di quindici anni fa
Il teletrasporto è uno dei temi cari alla fantascienza e ha sempre stuzzicato la fantasia degli appassionati, ad esempio in opere come Star Trek o La Mosca.
Si sa, però, che in pratica è una tecnologia irrealizzabile o, nella migliore delle ipotesi, ben al di là da venire.
Ma nel fantastico mondo della meccanica quantistica (quasi) niente è impossibile e così capita anche che nel 2008 un fisico teorico avanzi una teoria che consentirebbe il teletrasporto di energia.
Ora, a distanza di quindici anni dalla sua formulazione, due distinti esperimenti sembrerebbero dimostrare che le sue idee non erano affatto strampalate come ritenuto all’epoca.
Entanglement ed energia negativa
Nel 2008 Masahiro Hotta, fisico teorico presso l’Università di Tohoku in Giappone, stava studiando un particolare fenomeno quantistico detto entanglement (traducibile in italiano come “groviglio”).
In base ad esso, due o più oggetti condividono uno stesso stato, così che essi si comportano in maniera interdipendente, anche se separati da anni luce di distanza.
Nei suoi studi, Hotta si rese conto che per misurare la forza di un entanglement sarebbe stato utile far riferimento ad un altro concetto “esotico”, cioè quello dell’energia negativa.
Tale tipo di energia, almeno in teoria, dovrebbe essere osservabile quando una fonte che non sembra possedere energia, riesce invece ad emetterla in qualche modo.
E Hotta, per sua stessa sorpresa, sembrò riuscire ad estrarre energia dal vuoto, come riporta Charlie Wood su Quanta Magazine.
Vuoto, campi quantistici ed energia di punto zero
Comunemente, si pensa che il vuoto non possieda energia. Ma per la meccanica quantistica il concetto di vuoto è anch’esso piuttosto particolare.
Essa ci insegna infatti che lo spazio, anche quando apparentemente vuoto, è permeato da una serie di “campi quantistici”.
Inoltre, in base al principio di indeterminazione di Heisenberg (ne parlo brevemente qui), nessun sistema quantistico, nemmeno il vuoto, può trovarsi in uno stato perfettamente calmo ad energia zero.
Di conseguenza, il vuoto è in realtà pieno di fluttuazioni casuali, che imbevono ogni campo di una quantità minima di energia, detta energia di punto zero; in una situazione del genere, un sistema si definisce in stato fondamentale.
Una possibile analogia col mondo di tutti è giorni è quella di un’automobile parcheggiata su una strada in salita: anche se essa si trova ben al di sopra del livello del mare, non può “scendere più sotto”.
Eppure ciò che ha fatto Hotta, continuando l’analogia, è equivalente ad aver trovato un garage sotterraneo.
Come estrarre energia dal vuoto: la teoria
Ma come estrarre questa energia di punto zero dal vuoto? Qui torna in gioco il concetto di entanglement descritto sopra.
Anche i campi quantistici, infatti, sono in entanglement l’uno con l’altro e quindi è possibile pensare a un sistema per sfruttare questa correlazione.
Immaginate di avere due scienziati, Alice e Bob, in due laboratori molto distanti l’uno dall’altro. Bob ha bisogno di energia, ma tutto ciò a cui ha accesso è spazio vuoto.
Per fortuna, la sua amica Alice è invece in possesso della strumentazione necessaria per iniettare un po’ di energia nel campo in cui si trova il suo laboratorio.
Dopo averlo fatto, invia un messaggio a Bob, in cui in sostanza gli spiega come “temporizzare” le fluttuazioni del campo in cui ha iniettato energia.
In questo modo, Bob sa precisamente quando estrarre tale energia, sfruttando il fatto che il campo in cui si trova è in stato di entanglement con quello di Alice.
Si realizza, così, un vero e proprio teletrasporto di energia, senza per questo violare le leggi della fisica:
Bob non può estrarre più energia di quella iniettata da Alice, quindi è salvo il principio di conservazione dell’energia;
Bob non può estrarre energia prima di aver ricevuto il messaggio di spiegazioni da Alice, quindi è salvo il principio che niente può viaggiare più veloce della luce.
Come estrarre energia dal vuoto: la pratica
La teoria di Hotta fu accolta con grande scetticismo; d’altronde, come diceva il buon Carl Sagan, “affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie”.
Hotta si mise quindi in moto per dimostrare sperimentalmente la sua teoria e, dopo varie vicissitudini (tra cui il terremoto e lo tsunami che devastarono l’Università di Tohoku nel 2011), finalmente ci riuscì dopo oltre dieci anni.
L’esperimento, diretto dai ricercatori Martín-Martínez e Rodríguez-Briones durante la pandemia, usa una tecnologia nota come risonanza magnetica nucleare, in grado di manipolare lo stato quantistico degli atomi presenti in una grande molecola.
Nello specifico, si fa riferimento a due atomi di carbonio, i nostri Alice e Bob, che vengono inizialmente portati in un particolare tipo di entanglement e stato fondamentale, tramite pulsazioni radio.
A quel punto, si invia una singola pulsazione radio all’atomo Alice e a un terzo atomo, che funge da messaggero e registra lo stato energetico di Alice.
Infine, con un’altra pulsazione radio indirizzata all’atomo Bob e a quello messaggero, si trasmette l’informazione a Bob e si misura il suo stato energetico.
Conferma multipla del teletrasporto di energia
I risultati dell’esperimento, ripetuto più volte, furono esattamente quelli sperati: l’energia dell’atomo Bob era in media diminuita, segno che essa era stata estratta e rilasciata nell’ambiente, nonostante il fatto che Bob partisse da uno stato fondamentale.
Inoltre, il “teletrasporto” di energia dall’atomo Alice a quello Bob all’interno della molecola avveniva in appena 37 millisecondi, contro il quasi secondo richiesto da un trasferimento normale.
Circa un anno dopo, un altro esperimento, diretto dal ricercatore Kazuki Ikeda della Stony Brook University, confermò i risultati.
Ikeda scrisse ed eseguì un programma di teletrasporto di energia su un computer quantistico della IBM, verificando che un qubit (cioè, l’equivalente del bit in un computer classico) era sceso a un livello energetico inferiore a quello fondamentale.
Il futuro della ricerca sul teletrasporto energetico
Nonostante il successo degli esperimenti di cui sopra, Hotta non si ritiene ancora soddisfatto. Il suo cruccio, infatti, è che in entrambi gli esperimenti l’entanglement è indotto, tramite pulsazioni radio o operazioni quantistiche.
Di conseguenza, il suo obbiettivo è quello di estrarre energia di punto zero da un sistema il cui stato fondamentale sia naturalmente in entanglement, così come capita coi campi quantistici che permeano l’universo.
Ma già quanto dimostrato finora potrà avere impatti importanti in vari campi, dalla stabilizzazione dei computer quantistici (tramite sottrazione di energia e quindi raffreddamento dei qubit), allo studio di calore, energia ed entanglement nei sistemi quantistici.
Il tutto senza escludere completamente possibilità più esotiche, come l’utilizzo di energia negativa per deformare lo spaziotempo e consentire cose fantascientifiche come wormhole, propulsione a curvatura alla Star Trek e il viaggio nel tempo.
Per colpa tua, tutte le volte che userò l'abilità "entangle" in Guild Wars 2, adesso penserò a Bob e Alice e avrò l'impressione di fare qualcosa di straordinario. Pur sentendomi il cervello vuoto.
Interessante comunque. Se non ricordo male, finora si pensava al teletrasporto più come un eventuale modo di "creare" un atomo e distruggerlo all'origine (da cui il fatto che servisse un'energia enorme). Questo sembra invece proprio un trasferimento di energia.